A distanza d’offesa

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C’è uno iato tra me e l’altro. Ci separa uno spazio. L’Umano che abbiamo in comune potrebbe colmarlo.

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Descrizione

C’è uno iato tra me e l’altro. Ci separa uno spazio. L’Umano che abbiamo in comune potrebbe colmarlo. Mani che si stringono, corpi che si tengono, sguardi che si riconoscono. Ma una ferita dilania la radice, costruisce una distanza che diventa d’offesa. Il disconoscimento non ha bisogno di razze, si nutre di ignoranza e paura.L’economia si fa morale delle leggi, e per raggiungere un luogo c’è bisogno del Permesso. Accordato se servono braccia, altrimenti negato. In nessun conto le ragioni del viaggio, non importa l’origine se si deve fortificare l’approdo. Quale il Diritto che ha permesso Rosarno? Quale la pietas che nega le cure? Quale l’alfabeto che individua il clandestino? Rinchiusi in gabbie, dentro e fuori i confini, sono uomini, donne e bambini, la cui colpa è l’essere stranieri. Un sentimento di vergogna si traduce in questo libro italiano, scritto bianco su nero. Perché accettiamo lo schiavismo, perché neghiamo una famiglia, perché ammazziamo a colpi di kalashnikov. Ma nelle strade di un primo marzo, si mescolano le differenze, e l’ineluttabilità della presenza diviene forza e speranza.

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